Se a qualcuno fosse mai capitato di assaggiarli, così come si legge in qualche vecchia recensione, stiamo parlando di una vera e propria prelibatezza presente nei nostri mari, vietata ormai da diversi anni.
Tuttavia viene da chiedersi, visto anche l’apprezzamento oggettivo che viene fatto nei confronti di questo particolare tipo di frutti marini, perché i datteri di mare sono vietati? Non stupirà sapere che la risposta è: per un motivo molto delicato e importante, andiamo quindi ad informarci e scoprire questa curiosità tanto particolare.
Un po’ di contesto: cosa sono i datteri di mare?
Prima di domandarci per quale motivo è vietata la pesca dei datteri di mare, è bene precisare di cosa stiamo parlando.
Quando menzioniamo la parola “datteri”, in primo luogo ci vengono in mente i frutti esotici, particolarmente dolci e, oggigiorno, disponibili nei vari reparti ortofrutta dei maggiori supermercati.
Beh, non stiamo parlando di questi datteri, in questo caso specifico.
Con l’espressione “datteri di mare” non ci riferiamo infatti ad un frutto, bensì ad un animale, ovvero un tipo particolare di frutto di mare che vive nei fondali rocciosi, innestandosi all’interno di essi.
Il nome scientifico è Lithophaga lithophaga, ed è un mollusco bivalve della famiglia Mytilidae.
Cresce molto lentamente e, dopo essersi innestato all’interno di una roccia calcarea, impiega dai 15 ai 30 anni per arrivare alla lunghezza tipica che contraddistingue la fase adulta, ovvero 5 cm.
Perché i datteri di mare sono vietati?
Alla luce di quanto menzionato nel capitolo precedente, non risulta difficile comprendere il motivo del perché i datteri di mare sono vietati (anzi, se dobbiamo essere precisi, la loro pesca è del tutto illegale).
Il processo di crescita che contraddistingue questa specie di molluschi è caratterizzato, come già detto, dalla loro tendenza ad innestarsi e calcificarsi all’interno delle rocce calcaree presenti sul fondale marino, per cui diventa necessario (al fine di estrarli) distruggere completamente il fondale dove essi si trovano.
Stiamo parlando di un vero e proprio attentato all’equilibrio marino, che porterebbe (così come ha portato in passato) alla perdita di svariate specie di altri animali e vegetali marini, seppur non presenti nel mirino di questo tipo di pesca.
Cosa ci dice la legge?
La legge che contraddistingue il divieto di raccolta dei datteri di mare è regolamentata non solo dal nostro ordinamento giuridico, ma anche a livello sovranazionale tramite legge dell’Unione Europea.
Nella fattispecie, parlando di legge europea, ci riferiamo all’ art. 8 del Regolamento (CE) 1967/2006, che ne vieta in modo categorico il suo consumo, la detenzione, il commercio e la pesca.
Altrettanto interessante è il fatto che, la legge italiana, si è occupata di questa faccenda molto prima, con il DM 16 ottobre 1998, il quale riporta decreta:
- Il divieto di raccolta di molluschi litofagi con l’impiego di martelli pneumatici o di altri attrezzi a percussione, stabilito dal regolamento CE 1626/94 del 27 giugno 1994, è esteso, in tutte le coste italiane, con il divieto di pesca del dattero di mare e del dattero bianco con qualsiasi attrezzo.
- È prorogato al 30/9/2007 il divieto di detenzione e commercio del dattero di mare e del dattero bianco di cui al DM 26 settembre 1996, in quanto per la loro pesca vengono seriamente danneggiate le costiere calcaree, tra le quali quelle della penisola sorrentina e del golfo della Spezia.”
Dobbiamo tuttavia ricordare che, nonostante l’esplicito divieto di pesca dei datteri di mare, i pescatori di frodo sono ancora parecchi e il loro operato continua a distruggere i fondali del nostro paese.